Introduzione al vintage marketing
“Il passato torna di moda”. Non è insolito ritrovarsi davanti ad affermazioni di questo tipo; da un capo utilizzato negli anni ’80, al ritorno delle polaroid e dei vinili, quante volte si è riscontrato il fascino di un prodotto od una consuetudine tipica degli anni passati?
Ciò che a molti sembra semplicemente frutto della ciclicità dei prodotti, per i responsabili marketing dei grandi brand è, al contrario, il risultato di una strategia ben precisa e pianificata, basata su aspetti di carattere sociologico insiti in ognuno di noi. I termini per indicare questa strategia sono diversi: vintage marketing, retrò marketing sono solamente due esempi che racchiudono il medesimo concetto: il passato è vincente.
Ma quali sono i fattori alla base del successo?
Quella che in molti credono sia una novità, in realtà altro non è che una strategia comunicativa presente da anni. Carlo Meo fu il primo in Italia ad attribuirle una definizione, classificandola come “nostalgia marketing”. I pilastri sui quali si basa:
Il conforto del passato
Recenti studi hanno evidenziato come l’età adolescenziale rappresenti per ciascuno di noi un periodo confortevole, a prescindere dalle vicende che hanno caratterizzato quegli anni. La spensieratezza e, al contempo, la lontananza dai reali problemi della vita evocano nella mente di ciascuno di noi la consapevolezza che “prima si stava meglio”. E’ su questa convinzione che i principali brand fanno affidamento legando a quei momenti sereni i prodotti simbolo di quegli anni, divenuti successivamente vere e proprie icone.
2. Il potere dell’adolescenza
Tutto ciò che sviluppiamo nel periodo adolescenziale è destinato a caratterizzarci per sempre, plasmando irreversibilmente il nostro modo di essere. Le abitudini, i gusti relativi ai nostri primi vent’anni, nonostante possano nel tempo mutare, se rievocati causeranno sempre ricordi piacevoli capaci di influenzare le nostre scelte di consumo.
Nel 1989, Robert Schindler e Morris Holbrook, definirono questo periodo proprio con l’espressione age-related-preference peak riferendosi a quegli anni in cui sviluppiamo le preferenze che difficilmente cambieremo nel corso della nostra vita.
3. Pregiudizi
Ultimo fattore, quello legato ai bias cognitivi. Semplici pregiudizi o l’intramontabile fascino della prima volta; il passato ci sembrerà sempre migliore del momento presente.
Il risultato: l’emotional branding
E’ da queste premesse che nasce la strategia vincente delle più grandi aziende. La rievocazione di ricordi piacevoli attraverso un prodotto storico crea un legame di connessione tra l’individuo ed il brand. Un senso d’appartenenza dal contenuto emozionale capace di innescare dei meccanismi positivi e tradursi infine in acquisto; è il potere dell’emotional branding.
Internet explorer: un esempio vincente
“Siete cresciuti. Così come noi. Riconnettetevi con il nuovo Internet Explorer“.
Il claim della campagna si identifica perfettamente con quanto detto finora; emozione, appartenenza, identità. Sono questi gli elementi alla base di comunicazione utilizzata da Microsoft per evocare dolci ricordi ed invogliare il consumatore a scaricare la nuova versione di Internet Explorer 10. Tra yo-yo, tamagotchi e floppy disk, ecco un minuto e quaranta secondi di omaggio agli anni ’90 che non lascerà indifferente chi ha vissuto la propria adolescenza o infanzia in quegli anni.
E tu, avevi mai ragionato sull’influenza che genera il passato sui nostri comportamenti d’acquisto?