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Social sharing

Social sharing

La maggior parte delle persone che sta leggendo questo articolo passa la prima mezz’ora della propria mattinata a leggere o condividere notizie sul suo smartphone. Questa consapevolezza è la base per parlare dell’argomento di blog di questa settimana: il social sharing.

Condividere contenuti sui social network è rappresentativo di due differenti personalità:

  1. gli utenti “di buon cuore” per i quali condividere significa soprattutto dividere con gli altri qualcosa di proprio.
  2. quelli facenti parte della maggior fetta di pubblico, 41 milioni di persone, per le quali condividere significa solo una cosa: postare.

Si, 41.000.000 di persone, hai letto bene! Ma se questo numero non bastasse, pensa che nel 2020 i nuovi utenti sono stati più di 2 milioni, con un incremento quasi del 6% rispetto all’anno precedente.

D’altronde il 2020 non è un anno che dimenticheremo facilmente, ma sul fronte del digitale ha dettato la nascita di nuove abitudini e comportamenti.

A rivelarlo sono i dati del report Digital 2021 pubblicato da We Are social che ci dice che trascorriamo in media 1h e 52 minuti connessi alle nostre care piattaforme e più di 6h al giorno a navigare su Internet.

I 5 motivi per i quali condividiamo aggiornamenti sui social:

1.

Lo avrai notato anche tu: i social media sono il luogo in cui vogliamo apparire felici.

Poco importa cosa ci sia successo durante la giornata: divertimento, amici, svago, viaggi e successi si presentano ad essere condivisi più facilmente, spesso causando la distorsione che la vita sia perfetta.

2.

Ricordi la piramide dei bisogni di Maslow, la stessa di cui si parla sempre quando si tratta la psicologia del consumatore nel marketing?

Se non la conosci ancora, te la spiego così: nel 1954 lo psicologo Abraham Maslow propose un modello piramidale per descrivere i bisogni delle persone. Alla base della piramide ci sono i bisogni fondamentali alla nostra sopravvivenza: quelli fisiologici e di sicurezza.

Una volta soddisfatti andiamo alla ricerca di bisogni più complessi, come quelli sociali e relazionali che, al contrario dei primi, non si soddisfano mai. Stiamo parlando dei bisogni di appartenenza, stima e autorealizzazione comuni a tutti gli esseri umani.

Ora sarai curioso di sapere come si manifestano sui social media: vediamoli insieme più nel dettaglio.

Il bisogno di appartenenza spinge gli utenti a condividere per provare una sorta di accettazione sociale da parte di un gruppo o un individuo. Che ci piaccia o no, vogliamo tutti sentirci accettati e considerati dalle persone con cui condividiamo gli stessi valori.

Il bisogno di stima si manifesta con la propensione a pubblicare contenuti strettamente personali e incentranti sulla nostra persona. Stiamo parlando di tutti quei contenuti che restituiscono l‘immagine esatta che vogliamo veicolare di noi stessi e che ci portano ed essere degli influencer mancati.

Infine, il più importante: il bisogno di autorealizzazione.
Fermati un attimo. Prova a pensare a quando i tuoi amici condividono i loro successi sui social media.

Ecco: questa è l’autorealizzazione. D’ora in poi quando mostreremo i nostri successi lavorativi o l’ultimo 30 sul libretto sapremo cosa c’è dietro.

A questo punto dovremmo aver chiaro il legame tra la psicologia e i social media: le piattaforme digitali fanno leva sul bisogno umano di sentirsi soddisfatti e parte di un gruppo a cui comunicare il proprio valore.

3.

Le persone vogliono portare il proprio modo di essere all’interno delle piattaforme, ma non è sempre una questione di vanità.

La ragione è semplice: i social media hanno da tempo smesso di essere solamente dei mezzi di comunicazione e sono diventati un posto in cui trascorriamo la maggior parte del nostro tempo.

In fondo, si parla spesso di non autenticità dei social media. Se venisse meno la componente identitaria correremmo davvero il rischio di rendere i social un posto artefatto.

E allora, più che usare i social media come un grande palcoscenico dovremmo sforzarci di pensarli come un modo per presentarci e connetterci con gli altri.

4.

Proprio come se fosse una mostra d’arte, attraverso i contenuti postati è possibile curare la nostra autostima e misurarla in termini di like e commenti positivi.

Pensiamoci: come sarebbero i social media se non esistessero i like? Probabilmente perderemmo la misura del senso di approvazione, ma non è tutto.

Alcuni studi hanno dimostrato che gli utenti che ricevono molti like sono più incentivanti degli altri a condividere contenuti online.
Questo non accade solo con le nostre foto e i nostri post, ma anche con quelli degli altri utenti.

In altre parole, il numero di like che riceviamo e vediamo sugli altri è in grado di influenzare le nostre risposte neurali e comportamentali.

Infatti, quando gli utenti vedono post con molti likemostrano l’attivazione delle aree cerebrali del circuito della ricompensa e per questo sono più propensi a rilasciare, a loro volta, forme di approvazione.

Parola della scienza!

In questo senso, i like sono una testimonianza tangibile della considerazione che l’altro ha di noi, così importante da riuscire a migliore la percezione che abbiamo di noi stessi o, al contrario, di farci sentire poco apprezzati dal nostro pubblico.

5.

Ci siamo: questo punto doveva pur arrivare.

Nonostante gli ultimi sforzi per portare un po’ di autenticità sui social media, non c’è dubbio che il processo di selezione dei contenuti operato sulle piattaforme online renda più semplice mostrare non solo chi siamo, ma anche chi vorremmo essere.

Ok, fermi tutti: sbaglio o anche nelle relazioni face to face scegliamo, più o meno consapevolmente, cosa mostrare di noi stessi?

Questo di per sé non è un problema, ma sui social media si rischia di ostentare un modo di essere che non ci appartiene ancora: più che rappresentare chi siamo, si finisce per rappresentare chi vorremmo essere e come vorremmo che gli altri ci guardassero.

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