Dopo aver trattato il tema del marketing non convenzionale nella scorsa settimana, quest’oggi analizziamo nello specifico un suo particolare ramo che ha rappresentato la fonte di successo di molti brand: il marketing virale.
Il marketing virale muove dall’assunto che i consumatori sono più propensi a fidarsi di una comunicazione che avviene attraverso il passaparola di amici, colleghi o altri clienti rispetto alle forme pubblicitarie tradizionali.
L’advertising classico ha, infatti, una capacità limitata di informare i clienti e di persuaderli all’acquisto; il pubblico è disperso fra infinite scelte di intrattenimento ed i mezzi di comunicazione tradizionali non sono più in grado di garantire una corretta comunicazione dei messaggi pubblicitari. Il marketing virale cerca di dare una risposta a questo problema utilizzando i destinatari stessi delle azioni di marketing come veicoli di diffusione dei messaggi pubblicitari.

Clienti esistenti e potenziali dell’impresa vengono incoraggiati a diffondere un messaggio commerciale all’interno delle proprie reti sociali, “contagiando” altri utenti potenzialmente interessati all’offerta commerciale e creando così i presupposti per una propagazione su base volontaria del messaggio.
Viene definito marketing virale perché richiama il modello di propagazione che è proprio dei virus biologici, con la sostanziale differenza che il contagio digitale, non implicando la prossimità fisica, si diffonde molto più velocemente e a spettro molto più ampio di quello organico. Tale processo presuppone che la diffusione del messaggio “virale” prosegua autonomamente senza ulteriori interventi da parte dell’emittente, grazie alle interazioni che intervengono tra gli utenti medesimi. Perché ciò avvenga è però necessario raggiungere il cosiddetto “tipping point” (M. Gladwell, 2001), cioè il punto a partire dal quale un fenomeno sociale raggiunge una massa critica sufficiente a diffondersi autonomamente. Il conseguimento di tale obiettivo dipende, in larga misura, dalla originalità e validità del messaggio (o “idea-virus” come lo definisce S. Godin nel 2001), che deve essere capace di lasciare il segno, di essere ricordato anche a distanza di tempo, e di propagarsi velocemente, come un virus appunto, influenzando chiunque entri in contatto con il messaggio medesimo. Le campagne di viral marketing, più in generale, hanno successo quando rendono l’advertising una forma di intrattenimento originale e piacevole e propongono un messaggio coerente con i bisogni, i desideri e i valori del target che si vuole raggiungere.